Volare basso

Io alla fine opto per la gentilezza, per la serenità, per l’assenza della guerra.
La cosa che ho sempre pensato è che non avrei mai voluto passare tutta la vita a fare la guerra a mia moglie, primo per i figli e poi per tutto quello che siamo stati.
Conosco e conosce ogni punto debole di noi tanto da poterla e potermi far colpire così profondamente da togliere il fiato. E dopo? Dopo ti viene restituito l’amore? Ti viene restituito ciò che eravate? Ti viene restituito ciò che pensavate poter diventare? Perché alla fine quello che fa male è proprio questo. Pensateci. Il pensiero di ciò che potevate diventare, l’idea nemmeno magari progettata del percorso che sembrava essere così naturale e senza particolari scossoni. Si teme una malattia, a volte la morte, un tradimento che si pensa di poter perdonare per andare avanti ma, raramente, si è coscienti che l’amore può finire e il progetto diventa vita da vivere con fatica. Ho pensato spesso e volentieri che la colpa doveva essere tutta mia per la consapevolezza di me, c’è voluto tempo per capire che non è stata colpa di nessuno o forse è stata colpa di entrambi. Un giorno una persona a cui tengo moltissimo mi ha detto “ fossi stato etero forse avrei lasciato mia moglie molto prima di quanto ho fatto”. Vero, l’abbaglio del senso di colpa era più forte dei reali problemi che avevamo come coppia.
Non ho fatto finire il nostro percorso per il sesso, anche se investe una parte importante nella presa di coscienza di una persona, no. Il nostro rapporto era finito nel momento in cui non riuscivamo più a sognare insieme, progettare insieme, crescere insieme, essere felici di stare insieme. Si è trasformato lentamente in un’amicizia che ha preso il sopravvento su tutto e forse sarebbe dovuto andare avanti così per molti anni, come per molte coppie. Perché scegliere la fatica, la sofferenza, il dolore? Non ci sono risposte. Io soffocavo, non apprezzavo più un week end, una vacanza, un’occasione per stare insieme. Sempre pervaso da quel senso di malinconia profondo. E il non vivere che imponevo ad entrambi mi ha fatto decidere a fare un passo che pensavo non avrei mai avuto il coraggio di fare.
Ci siamo fatti la guerra finchè non sono stato così stanco da non riuscire più nemmeno ad alzare la testa e poi ho capito perché mi sfiancava così tanto: le volevo(e le voglio bene). Perciò basta sarcasmo, ripicche, cattiverie. Mi sono deciso ad assorbire il suo dolore senza replicare, a coltivare il suo cambiamento anche con la rabbia, ho deciso di difendermi solo dalle esagerazioni e dai colpi più duri ma scegliendo con cura le parole. Mi sono ricordato una frase di Troisi e da li ho deciso che il mio futuro e il mio modo di relazionarmi con la mamma dei miei figli sarebbe stato questo : “quando non è più amore ma un calesse, bisogna avere il coraggio della fine, piano piano, con dolcezza, senza fare male… ci vuole lo stesso impegno e la stesa intensità dell’inizio. Occorrerebbe la stessa attenzione e lo stesso amore tanto per conquistare che per lasciare qualcuno”.
Forse è una delle prove più difficili della mia vita e mi si potrebbe obiettare che il boia non può consolare il condannato ma io opto per l’amore, per evitare l’odio, per far fatica e vedere i frutti della mia coerenza, per evitare il baratro improvviso ed aiutare ad allenarsi per saltarlo. Io voglio bene alle persone, non sono la moglie, la madre, il padre, il marito no, sono persone che un giorno hanno amato, pianto e sperato e che ora devono essere aiutate ad amare piangere e sperare affinchè un giorno anche i miei figli possano ricordarsi che la rabbia ed il dolore non hanno una sola faccia ma si può scegliere che persona essere.


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